La Santa Messa: I riti iniziali (6 gennaio 2018, Epifania del Signore)

Il Sacerdote, giunto alla sede, volge lo sguardo verso l’assemblea, che si è radunata per la celebrazione dell’Eucarestia. Non si tratta di un raduno qualunque – come per una conferenza, un concerto, una solennità civile – ma di una convocazione da parte del Signore Gesù che si rende presente e operante per mezzo di quella assemblea che è il Corpo di Cristo.

Purtroppo non di rado l’assemblea è in fieri perché c’è la coda dei ritardatari a cui non si rimedia ritardando l’inizio della Messa ma creando con pazienza una sensibilità diversa. Una domenica, recandomi in una chiesa della Germania insieme a un amico due minuti prima dell’orario della Messa, mi accorsi che eravamo stati noi due italiani gli ultimi ad entrare.

Il sacerdote, rivolto al popolo in piedi, insieme ai fedeli si segna col segno della croce dicendo o cantando: “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Il popolo risponde o canta: “Amen”. È il sì della fede. Il Papa recentemente ha richiamato i fedeli a far bene il segno della croce e a insegnarlo ai propri figli perché spesso si compiono gesti insignificanti mentre vengono evidenziati i misteri fondamentali della Trinità e della Redenzione.

Poi il sacerdote, rivolto al popolo e stendendo le mani, saluta l’assemblea con una delle formule proposte dal messale. Può anche esprimersi con parole proprie ricavate dalla Sacra Scrittura, ma deve essere breve e pertinente, perciò è preferibile usare le belle formule del messale. Il sacerdote può anche introdurre i fedeli alla comprensione della Messa di quel giorno; oppure può farlo un’altra persona – il commentatore – con parole appropriate e brevissime.

Sacerdote e ministri abbiano cura di non parlarsi addosso, di usare un tono di voce adatto alla circostanza, di pronunciare le parole in modo distinto e comprensibile, di non discorrere alla meglio ma di proclamare in modo garbato, senza affettazione, come si conviene in una celebrazione liturgica, che esclude ogni forma di sciatteria.

Segue l’atto penitenziale. All’invito del sacerdote riconosciamo i nostri peccati, chiedendo perdono a Dio e ai fratelli per poter celebrare degnamente i santi misteri. Le invocazioni imploranti sono molteplici e si possono usare a scelta i modelli tratti dal messale rivolti a Cristo Signore a cui segue l’assoluzione da parte del sacerdote. Ogni tanto è utile sottolineare l’esigenza del perdono cristiano verso gli altri perché non di rado con disinvoltura si partecipa alla Messa e quindi alla comunione eucaristica col rancore o l’odio o la indifferenza verso il prossimo. Nell’atto penitenziale rientra il kyrie (Signore, pietà) recitato o cantato dal presidente e dall’assemblea. È una formula antichissima in lingua greca che le generazioni dei cristiani ci hanno trasmesso.

Quando le persone lamentano di non saper pregare, invitiamole a ripetere, nella vita ordinaria, le stupende formule liturgiche usate nella Messa: formule di pentimento, di adorazione, di ringraziamento e d’implorazione che sono disseminate lungo tutta la celebrazione eucaristica e anche quelle della Liturgia delle Ore.

La Liturgia è una miniera di spiritualità cristiana.

don Orlando Gori